ARIELLA REGGIO E MARZIA POSTOGNA SONO CLAUDE E MARGOT - LAVOCE DEL POPOLO 27/5/25
- Teatro La Contrada
- 11 giu
- Tempo di lettura: 4 min

Rossana Poletti
Chi sono Margot e Claude, le donne in fuga? Più diverse di così, non le si possono immaginare: Margot, casalinga frustrata, e Claude, anziana segregata in una casa di riposo. "Donne in fuga" è il titolo dello spettacolo in scena alla Contrada di Trieste, conclusivo sforzo produttivo che chiude la stagione del teatro triestino. La pièce in un atto unico meriterebbe una platea nazionale molto più ampia del solo, anche se nutrito ed entusiasta, pubblico locale perché, diciamolo, le due colonne al femminile del Bobbio, Ariella Reggio e Marzia Postogna, sono semplicemente strepitose.
Tratto da "Le Fugueuses" di Pierre Palmade e Christophe Duthuron, testo brillante, ma profondo, del teatro francese più rappresentato nel mondo, "Donne in fuga" racconta delle due protagoniste, la loro vita, le frustrazioni, le gioie, mettendo a nudo anche il carattere di fondo delle due età in scena, come cambia la percezione del tempo, delle responsabilità, degli altri man mano che ci si avvicina alla fine. Margot scappa da una famiglia, dalla quale non si sente amata, che la sfrutta alla stregua di una serva a cui affidare ogni incombenza. Claude, morto il marito, è stata chiusa dal figlio, senza possibilità di replica, in una casa di riposo, anche se lei è ancora animata da una prorompente vitalità.
Com'è scappata Claude? "Sono andata alla porta e ho salutato, ciao, ciao" si spiega così quando le due donne, in piena notte si ritrovano a fare l'autostop su una buia strada statale. Margot è ben vestita, perché prima di partire ha festeggiato il compleanno della figlia appena maggiorenne, Claude sotto il soprabito indossa la camicia da notte, indiscutibile segno di come si viva da ammalati in una casa di riposo, anche se si è sanissimi. Le due fuggono assieme, facendo di necessità virtù, perché in qualche modo sono in competizione, non si amano insomma. Vengono caricate da un automobilista che, addormentatasi la "vecchia", farà avance a Margot, scaricandole in mezzo ad un bosco al rifiuto della donna a prestarsi ad atti sessuali. Finiscono quindi a dormire da Lucien, in una fattoria.
Per sdebitarsi conosceranno le "gioie della vita contadina", durerà poco perché Claude non è disposta a finire dalla padella alla brace, sogna l'amica Justine, di cui ricorda l'indirizzo, nonostante siano trascorsi quarant'anni dall'ultima volta in cui si sono sentite. La troveranno morta, una lapide su cui piangere, ma anche su cui consumare un breve pasto. "Promettimi che quando non ci sarò più verrai a mangiare sulla mia tomba, promettimelo", dice l'anziana a una perplessa Margot. Come affrontare la notte? Una casa vuota, si sfonda la porta e ci si concede il lusso di una jacuzzi, di un pasto prelibato, di vestiti lussuosi, peccato che rientrino i padroni di casa e che, scoperte le nostre due donne, chiamino la polizia. Finire in prigione ed essere ripescate dai rispettivi familiari è presto detto e fatto.
La commedia si conclude nella casa di riposo, dove Claude è stata nuovamente rinchiusa. Margot arriverà però a farle visita e se la porterà via con sé in un viaggio in camper verso l'ignoto e la felicità. Un po' Thelma e Luise, senza il finale tragico, ma con lo stesso spirito di ribellione verso un mondo che vuole ingabbiare in ruoli e situazioni prefissate le persone e, in particolare, le donne. Non sempre vittime in assoluto, perché Claude ha trascorso una vita piena e appagata, con un marito accondiscendente, con cui è stata felice, e con un nugolo di amanti che hanno completato la sua esistenza interiore. "Mi sono occupata poco di mio figlio" racconta. A lei fa eco Margot, "per questo lui ti ha chiuso in casa di riposo, ti restituisce il favore".
Marzia Postogna ed Ariella Reggio sono perfettamente in sintonia nel continuo scambio di battute che le protagoniste si palleggiano in scena. La prima presta la spalla egregiamente alle battute pungenti ed esilaranti della Reggio, che raccontano di una anzianità priva di remore e inibizioni. Il regista Maximilian Nisi spiega che "in scena avventure impreviste tra umorismo e momenti di genuina emozione esplorano temi come la libertà, la compagnia e la ricerca di conforto in legami inaspettati. Amicizia, empatia, leggerezza. Competizione e solidarietà femminile. L'opera illustra splendidamente come esperienze e vulnerabilità condivise possano portare a connessioni profonde tra individui apparentemente disparati. Quando l'amicizia diventa una fonte di forza e di sostegno. Temi intrecciati che offrono una riflessione toccante sulla resilienza umana e sull'importanza della connessione tra esseri umani alla ricerca di un rinnovato senso della vita per un nuovo inizio".
Ed è proprio quel viaggio in camper tra due donne così diverse da tutti i punti di vista a mostrare questo aspetto della storia umana, un'amicizia conquistata, mai scontata, attraverso diversissimi punti di vista, che si smusseranno per arrivare ad un vero incontro. "Questo spettacolo - racconta Ariella Reggio - parla di due donne e di libertà. La libertà, sappiamo, non è solo quella fisica che si vede dall'esterno, ma nasce da dentro. Ad una certa età forse queste cose si capiscono meglio, per fortuna! È un vantaggio della vecchiaia! Le prigioni possono essere molteplici: i rapporti, la famiglia, i doveri e le convenzioni.
Ogni donna si trova a volte in una situazione che può essere vissuta come una prigione e sceglie per sé la propria via di fuga". "Interpretiamo qui - aggiunge Marzia Postogna - due estranee, due donne, che attraverso un incontro inaspettato imparano l'una dall'altra a conoscersi, a riconoscersi attraverso due modi di vivere diversi e a trovare così, ciascuna, la propria personalità e indipendenza". Le scene dello spettacolo di Andrea Stanisci sono scarne, due praticabili che a seconda del momento fanno da tomba, letto, prigione e sul fondale ottime immagini a evocare luoghi e situazioni.
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