"I confini ci attraversano la vita e il cuore" - IL RESTO DEL CARLINO 27/11/12
- La Contrada TeatroStabilediTrieste
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Filippo Biondi
Elisabetta Pozzi con Gigio Alberti da domani al Duse con ’The Other Side’ di Dorfman: "I protagonisti travolti dalla follia della guerra"

Una casa in mezzo alle montagne. Una guerra in corso. Una vecchia coppia, interpretata da Elisabetta Pozzi e Gigio Alberti, lì sopravvive identificando e sotterrando i cadaveri dei soldati, vittime anonime del conflitto. La notizia improvvisa della pace e l’arrivo di un terzo personaggio (Nicola Ciaffoni) scuotono la quotidianità dei due coniugi. ‘The Other Side’, scritto da Ariel Dorfman e diretto da Marcela Serli, sul palco del Teatro Duse da domani a domenica (alle 21, domenica alle 16) è un viaggio grottesco e paradossale che riflette sul concetto di confine, reale e metafisico, e sulle atrocità della guerra, nonché sul rapporto tra presente e passato, tra verità e menzogna. Le scene sono di Maria Spazzi, i costumi di Matejka Horvat e le musiche di Daniele D’Angelo.
Pozzi, perché avete scelto di portare in scena quest’opera di Dorfman?
"L’idea è venuta alla regista Serli. Nonostante siano passati quasi vent’anni, è un testo che ha mantenuto intatta la sua contemporaneità. Si parla di una guerra tremenda che sembra non avere fine, come molti conflitti attuali, ma soprattutto si parla di confini. E sarà proprio un confine a cambiare tutto. La linea di demarcazione passerà in mezzo alla casa, al letto coniugale, alla vita della coppia, causando divisioni e malintesi assurdi. È una vicenda tanto atroce quanto grottesca, affrontata anche con quell’ironia che porta a ridere di una situazione così drammatica. I personaggi sono maschere di dolore spinte all’estremo".
Come siete riusciti a inserire il comico e il grottesco all’interno di una storia del genere?
"Il grottesco è un elemento presente già nel testo originale. Alberti, in quanto attore comico, ci ha aiutati. È molto espressivo quando recita, non è mai caricaturale ed è stato capace di trasmettere quel senso di follia che serviva allo spettacolo. Io mi sono accodata a lui e abbiamo creato una coppia verosimile nella follia".
In scena comparirà anche un terzo personaggio.
"Sì, è il militare che arriva per tracciare il confine in mezzo alla casa. La madre si autoconvincerà che questo ragazzo sia suo figlio, in realtà disperso da anni. Si parla della follia della guerra che porta una madre a credere che un soldato sconosciuto sia il proprio figlio".
In un mondo così interconnesso e globale come il nostro, ha ancora senso parlare di confini?
"Sì perché è una connessione soltanto virtuale. Siamo sempre più isolati, chiusi in un’individualità esasperata che rende quasi impossibile comunicare in modo autentico. Quindi sì, i confini ci sono eccome".
La sua carriera l’ha portata più volte a Bologna.
"Alla fine degli anni Settanta, quando ho iniziato a lavorare con i grandi nomi del palcoscenico, come Giorgio Albertazzi, venivo spesso a Bologna. Poi ci sono tornata nel 2000 con una pièce di Dacia Maraini su Maria Stuarda. Era uno spettacolo piccolo, con sole due attrici, io e Mariangela D’Abbraccio, ma fu un grande successo. Vedere il Duse sempre pieno mi lasciava senza fiato. L’Alma Mater mi ha poi ospitata molte volte durante le sue serate. Sotto le Due Torri, ho anche conosciuto Umberto Eco e Luciano Canfora".












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