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Il realismo magico triestino di Carpinteri e Faraguna incanta il Bobbio. Magia e nostalgia a Trieste con "Carpinteri e Faraguna" - TRIESTE PRIMA 4/2/25

Immagine del redattore: Teatro La ContradaTeatro La Contrada

Stemma imperiale austriaco per lo spettacolo di Putele e Putei, produzione La Contrada, al Teatro Bobbio

Il Teatro La Contrada porta in scena una divertente celebrazione dei due autori e della loro Trieste, tra maldobrìe, atmosfere asburgiche e amore per la città, con un sold-out che conferma il successo del ritorno sul palcoscenico.


“I parla tuti de cultura e no lezi el Picolo”, il monologo della straordianria Ariella Reggio – che introduce Putei e putele...Carpinteri e Faraguna 101 – ci introduce subito all'atmosfera comico nostalgica che sapevano creare i due autori triestini, prendendo in giro i vezzi e i personaggi della loro amata Trieste e di tutto il territorio ad essa legato. Il sold-out del Teatro Bobbio celebra la produzione del Teatro La Contrada, che festeggia i cento anni dalla nascita di Lino Carpinteri e Mariano Faraguna, con ha debuttato nel 2024 ed è stato riprogrammato a grande richiesta come evento speciale nella stagione corrente.


Trieste ama Trieste, i triestini cantano la loro città musa ogni volta che ne hanno occasione e, questo amore, trova un perfetto veicolo nel mondo fantastico dei due autori giuliani, che ambientano le loro maldobrìe – formula che cobina l'italiano “male” e lo sloveno “dobro” (bene) a significare “marachelle” – in quella mitica età dell'oro Prima della Prima Guerra, quando per andare da Trieste a Budapest non serviva un passaporto, ma per andare a Udine sì.

Ariella Reggio, in coppia con Adriano Giraldi, apre la pomeridiana con un pretesto per leggere insieme ai nipoti di scena, Giacomo Segulia – che ha curato anche la regia – ed Enza de Rose, alcuni passaggi famosi delle maldobrìe e dei più celebri testi dei due autori, portati in scena per la prima volta da Francesco Macedonio. Quella che racconta Puteli e putele è una Trieste che sorride della propria eterna nostalgia per il passato illustre, per le glorie della Defonta, per gli anni che “Si poteva prendere il treno a Trieste per scendere a Costantinopoli...sempre se ti gavevi de andar a Costantinopoli”. Traspare tra le righe anche il timore degli stessi Carpinteri e Faraguna per la perdita dell'affetto per la storia della città e del tanto amato dialeto istroveneto, un tempo ligua franca del litorale adriatico.


L'atmosfera è calda ed entusiasta, la sala è gremita di persone che rispondono tra loro alle domande che si fanno gli attori in scena, sulle parole, sulle espressioni che stanno ormai scomparendo – ma nemmeno troppo – e sulla storia della città con parecchi riferimenti satirici al contemporaneo. Puteli e putele è uno spettacolo creato da tre generazioni di artisti triestini magistrali in scena che suona come una dedica innamorata alla città di Maria Teresa, del caffè, della grande letteratura e dell'austriaco regno. Un lavoro semplice, diretto e allo stesso tempo profondo, costruito a regola d'arte che, al netto di alcuni riferimenti comprensibili solo dai conoscitori dai locali, non sfigurerebbe fuori dai confini del fu Territorio Libero e – mi sbilancio – sarebbe apprezzato anche in Friul.


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