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VajontS 23

Azione corale di teatro civile

📆 9 ottobre, ore 21.30
📍Kleine Berlin Trieste, Via Fabio Severo (di fronte al civico n. 11)

Un racconto teatrale rivoluzionario da Marco Paolini, che da monologo diventa un coro, 125 teatri riuniti assieme in una rete di scopo artistico e culturale in tutta Italia e all’estero, una storia che di voce in voce racconterà di una tragedia di ieri per parlare delle sfide che ci toccano nel nostro oggi. La Contrada partecipa con una lettura corale a cura di Enza De Rose e Mario Bobbio con intermezzi musicali dove parole e suoni si uniscono nei corridoi della Kleine Berlin.


L'evento è ad ingresso gratuito su prenotazione

Un breve inciso personale: quando 30 anni fa cominciai a raccontare quella storia avevo dentro una grande rabbia per l’oblìo. Ce l’avevo prima di tutto con me stesso: come avevo potuto crescere ignorando quella storia, archiviando il disastro come opera della Natura? C’era ribellione alla base del gesto di narrare il Vajont, e voglia di risarcimento e giustizia. Durante la performance era difficile tenere a bada l’emozione con il mestiere. Qualcosa di tutto questo è arrivato anche attraverso la televisione con la diretta del 9 ottobre 1997. Erano passati trentaquattro anni dal disastro. Adesso, sono sessanta.

Cos’è cambiato? Noi non siamo gli stessi. È passata una generazione, ma non è solo questione anagrafica. Da alcuni anni ho cominciato a studiare i report sul clima, a leggere i libri di chi prova a narrare ciò che stiamo vivendo, a misurare le strategie del negazionismo prima e del populismo poi nel cavalcare i luoghi comuni che contrastano il quadro scientifico, giustificando un’inerzia diffusa alla transizione ecologica. Provo io stesso fastidio a utilizzare parole come queste perché sono senza cuore, senza sentimento.

Cercando parole migliori per parlare di crisi idrica, di obbiettivi dell’agenda 30 delle Nazioni Unite, mi sono ritrovato davanti a quella storia: la storia del Vajont.

Nel mese di gennaio l’ho ristudiata e da febbraio in poi ho cominciato a raccontarla clandestinamente, su appuntamento. L’ho testata, insomma, su centinaia di spettatori di età diverse, di città diverse, da Palermo a Verona, da Milano a Napoli. Raccontando ho capito che la stessa storia, oggi, parla di noi e non di loro. Che nostra è la paura, la ribellione.

Non si racconta ciò che è accaduto sessant’anni fa, ma quello che potrebbe accadere a noi su scala diversa, in un tempo assai più breve. Racconta di come i segnali furono ignorati o sottovalutati, come nelle tragedie più classiche.

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