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Il Malato Immaginario

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di Molière

adattamento e regia di Guglielmo Ferro

con Emilio Solfrizzi

scene Fabiana Di Marco

costumi Santuzza Calì

musiche Massimiliano Pace

produzione La Contrada / Compagnia Molière

Il teatro come finzione, come strumento per dissimulare la realtà, fa il paio con l’idea di Argante di servirsi della malattia per non affrontare “i dardi dell’atroce fortuna”. Il malato immaginario ha più paura di vivere che di morire e il suo rifugiars nella malattia non è nient’altro che una fuga dai problemi, dalle prove che l’esistenza ti mette davanti. La tradizione, commettendo forse una forzatura, ha accomunato la malattia con la vecchiaia, identificand di conseguenza il ruolo del malato con un attore anziano o addirittura vecchio, ma Molière lo scrive per se stesso quindi per un uomo sui 50 anni, proprio per queste ragioni un grande attore dell’età di Emilio Solfrizi potrà restituire al testo un aspetto importantissimo e certe volte dimenticato.

Il rifiuto della propria esistenza. La comicità di cui è intriso il capolavoro di Moliere viene così esaltata dall’esplosione di vita che si fa tutt’intorno ad Argante e la sua continua fuga attraverso rimedi e cure di medici improbabili crea situazioni esilaranti.

Una comicità che si avvicina al teatro dell’assurdo, Molière, come tutti i giganti, con geniale intuizione anticipa modalità drammaturgiche che solo nel ‘900 vedranno la luce. Si ride, tanto, ma come sempre l’uomo RIDE del dramma altrui.

Spettacolo Rosso

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