Goldoni incontra la Trieste degli anni ’30 - IMAGAZINE 17/10/25
- Teatro La Contrada

 - 21 ott
 - Tempo di lettura: 3 min
 

Il debutto di “Baruffe” con Ariella Reggio apre la nuova stagione della Contrada. Una rilettura contemporanea e audace del capolavoro goldoniano.
Il Teatro Orazio Bobbio ospiterà il debutto di “Baruffe“, la nuova produzione della Contrada nell’ambito della sua nuova stagione 2025/2026.
Scritto da Lino Marrazzo e Eva Maver, con la regia dello stesso Marrazzo, lo spettacolo è una rilettura contemporanea e audace del capolavoro goldoniano, “Le baruffe chiozzotte“, qui ambientata nella Trieste degli anni ’30.
L’azione si sposta in questa nuova versione dall’ambiente lagunare di Chioggia al ventre vivo della Città Vecchia di Trieste.
L’obiettivo è cogliere l’anima popolare, ruvida e sincera, della città di confine, arricchendo la trama originale con un contesto storico preciso e suggestivo. Le vivaci discussioni tra i personaggi, che nell’originale sono semplici battibecchi d’amore, in questa versione diventano anche il riflesso di un’umanità in bilico tra nostalgia e speranza, a ridosso di eventi drammatici come le leggi razziali e la demolizione del centro storico.
In scena una piazzetta triestina dove, su sedie di paglia, si consumano le vite e le “baruffe” quotidiane di un gruppo di donne e uomini, accomunati da un senso di comunità e di vitalità. Il ritmo comico di Goldoni rimane intatto, ma la parola si adatta al respiro triestino, più ruvido e ironico, fondendo lingue e dialetti in una miscela unica.
Le musiche, a cura di Enza De Rose, contribuiscono a trasformare il testo in un vero e proprio “teatro-musicale”, alternando canzoni recitate a brani che ne accompagnano l’azione partendo dalla versione reinterpretata di “Adio Citavecia” di Angelo Cecchelin con incursioni musicali rivisitate dei brani di “Cabaret” come “Wilkommen” di John Kander e Fred Ebb.
Il cast è composto tutto dai beniamini di casa, la compagnia della Contrada: Ariella Reggio, Marzia Postogna, Maurizio Repetto, Maurizio Zacchigna, Elena Husu, Enza De Rose, Giacomo Segulia e Omar Giorgio Makhloufi. Le scene e i costumi sono firmati da Andrea Stanisci, mentre il disegno luci è di Bruno Guastini.
La regia sceglie un realismo ambientato negli anni trenta, nel periodo fascista e in prossimità di due eventi eccezionali: l’abbattimento del ventre storico della città vecchia per far posto a nuove costruzioni in stile fascista e l’avvento delle leggi razziali. Le barche non sono più i bragozzi di Chioggia, ma i pescherecci del mandracchio; l’odore non è quello della laguna, ma del mare aperto che lambisce le banchine del Porto Vecchio.
La piazzetta resta sempre la stessa e la vita che la anima inalterata, composta da gente semplice e dal cuore sincero.
Il ritmo comico di Goldoni resta intatto, ma la parola si adatta al respiro triestino: più ruvido, più ironico. I personaggi, pur conservando la loro energia popolare, portano con sé il senso di frontiera che definisce Trieste: una città dove ogni incontro è anche una traduzione, ogni lite è anche un atto d’amore. Importante, come nell’originale, e vero Deus ex machina, rimane la figura del Cogitore, qui ricoperta dal più nostrano Provveditore del Podestà.
Il testo degli autori Lino Marrazzo e Eva Maver si sviluppa su più livelli dove il comico-brillante lascia spazio ad altri drammi: gli emarginati, il popolo sottomesso, i diritti cancellati.
In questo intreccio di dialetti, culture e salsedine “Baruffe” non è solo uno spettacolo, ma un canto corale alla vitalità del popolo di mare, che, nonostante le difficoltà, continua a lottare, a ridere e ad amare con ostinazione.










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