«The Other Side», l’attesa della pace in terra di confine - IL MANIFESTO 18/7/25
- Teatro La Contrada
- 4 giorni fa
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Teatro Parla la regista Marcela Serli, il suo allestimento del testo di Ariel Dorfman in scena domani 19 luglio al Mittelfest e poi in Liguria

In una casa modesta, in montagna, una coppia di anziani riesce a tirar su qualche soldo identificando e sotterrando i soldati, vittime anonime di una guerra in corso. La tanto auspicata fine del conflitto e l’arrivo di un terzo personaggio scombinano il ritmo della loro esistenza. È questa, in poche parole, la trama di The Other Side. Un testo ambientato tra due Paesi in guerra, in attesa di pace. A scriverlo, vent’anni fa, era stato Ariel Dorfman, argentino di origini ebraiche, in esilio in Cile e successivamente negli Stati uniti, dove ha insegnato alla Duke University. Tradotto dall’inglese da Alessandra Serra e adattato dalla regista Marcela Serli, sarà messo in scena domani 19 luglio al Mittelfest di Cividale del Friuli (Teatro Ristori ore 20), per arrivare in Liguria martedì 22 e mercoledì 23 luglio al 59esimo Festival teatrale di Borgio Verezzi diretto da Maximilian Nisi (ore 21.30). Si tratta di uno spettacolo molto atteso anche a Trieste, dove debutterà in lingua slovena a gennaio.
I NOTI ATTORI Elisabetta Pozzi, Gigio Alberti e Giuseppe Sartori reciteranno nei panni della vecchia ed energica Levana Julak, dell’anziano e robusto Atom Rome, e del grande e grosso La Guardia che irrompe nella vita della coppia, tirando una linea di demarcazione nella loro abitazione situata sulla linea di confine. Potrebbe essere la frontiera tra Berlino Est e Berlino Ovest. Viene però spontaneo il riferimento al contemporaneo, e quindi al genocidio dei palestinesi. Soprattutto nel passaggio in cui la protagonista afferma: «Questa volta ce la fanno. Me lo sento. Questa volta riescono a raggiungere un accordo». Il marito risponde: «Sono vent’anni che lo dici, tu e loro». «Prima o poi dovrà finire». «E perché mai?». «Tra un po’ non ci sarà più… nessuno. Non ci saranno più… bambini».
Oltre alla guerra, il tema che ricorre nello spettacolo The Other Side è quello dei confini, che sembravano essere stati abbattuti – basti pensare a Schengen – e invece sono tornati. «Se ne parla sempre più anche in Italia dove vengono promulgate leggi per ostacolare l’immigrazione. Eppure, paradossalmente, gli italiani sono il popolo che più si è spostato nel corso della storia», osserva Marcela Serli. Classe 1971, l’attrice e regista è figlia di una libanese maronita nata in Argentina, dove il nonno era scappato. Ma a Beirut loro non sono mai state «perché ogni volta che abbiamo programmato di andarci è successo qualcosa». Triestino di famiglia istriana, di cognome il padre faceva Skerlich (che diventerà Serli), era stato soldato durante la Seconda guerra mondiale ed era stato preso prigioniero dai tedeschi, dopodiché aveva scelto di emigrare in Argentina.
MARCELA è nata nel nordovest, a Tocumán, la città universitaria dov’era iniziata la rivolta contro la dittatura. Dopo la maturità si è trasferita a Trieste, e qui si è laureata in Drammaturgia contemporanea con una tesi su come gli autori di teatro argentini hanno reagito alla dittatura, usando la metafora, proprio come Dorfman. Quello di Marcela Serli è un teatro politico, che racconta repressione e potere. Così come aveva già fatto, una dozzina di anni fa, in Homini, lo spettacolo che preconizzava l’avanzare delle destre in Europa: «Era un testo visionario, in un vecchio continente in cui soltanto un paio di governi erano in mano alle destre. Con il passare degli anni abbiamo compreso che il loro avanzare non era un’eccezione. I tagli alla cultura sono espressione di queste forze reazionarie che cercano di impedire al teatro, espressione di democrazia, di fare il suo lavoro», conclude Serli.
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